Non partecipare ai corsi di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro costituisce per i lavoratori una giusta causa di licenziamentoSentenza della Corte di Cassazione – Sezione Lavoro


Sulla responsabilizzazione del lavoratore in materia di salute e sicurezza sul lavoro e sulla sostituzione, nella organizzazione aziendale della sicurezza sul lavoro, di un sistema di prevenzione collaborativo da parte dei lavoratori rispetto a quello iperprotettivo da parte del datore di lavoro, come è giusto che sia considerato che le disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. hanno voluto appunto coinvolgere i lavoratori nel rispetto delle norme di sicurezza prevedendo anche per essi delle sanzioni per gli inadempienti”.

Il D. Lgs. n. 81/2008, in particolare, impone sì ai datori di lavoro con l’art. 18 l’obbligo sanzionato di informare (art 36), formare e addestrare (art 37) i lavoratori, ma impone anche ai lavoratori, con l’art. 20, l’obbligo fra gli altri, anche esso sanzionato, di partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati a loro favore dal datore di lavoro.

 

IL TRIBUNALE

Ha rigettato la domanda proposta da un lavoratore nei confronti della società dalla quale dipendeva diretta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare per giusta causa intimato dalla stessa società, ai sensi e per gli effetti dell’art. 72 lett. I del vigente CCNL, a seguito di una lettera di addebito con la quale era stata contestata una assenza ingiustificata per non avere preso parte alla formazione obbligatoria prevista dall’Accordo Stato-Regioni, con contestuale contestazione della recidiva in riferimento a due analoghe condotte sanzionate con provvedimenti di natura conservativa.

La sentenza di condanna è stata confermata dalla Corte di Appello per cui il lavoratore avverso la decisione della stessa ha proposto ricorso per cassazione.

 

LE DECISIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Il ricorso del lavoratore è stato rigettato dalla Corte di Cassazione. La stessa ha ritenuto sussistente la recidiva con riferimento ai due precedenti episodi benché non contestati e considerati quali circostanze confermative della condotta tenuta dal lavoratore, avendo contribuito significativamente alla valutazione complessiva della sua gravità. L’art. 72 lett. I del CCNL Vetro (richiamato nella contestazione), ha ricordato la suprema Corte, prevede che il licenziamento per punizione è consentito, in caso di recidiva nella “medesima mancanza” di cui all’art. 71 (che contempla anche la mancata presentazione al lavoro senza giustificato motivo) nonché nelle fattispecie di cui ai punti e), f), g) e h) dello stesso art. 71, che abbiano dato luogo a tre sospensioni nei dodici mesi precedenti. Correttamente quindi la Corte territoriale, ha individuata la sussistenza di una giusta causa per grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore rispetto alle norme di etica o del comune vivere civile e correttamente ha ritenuto la sussistenza di una grave violazione da parte del lavoratore degli obblighi di diligenza e di fedeltà ovvero delle regole di correttezza e di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., tale da ledere in via definitiva il vincolo fiduciario.

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