Innovative, green, creative, vocate alla qualità, competitive, legate al territorio e al tempo stesso lanciate sui mercati globali, portatrici di ricchezza. Sono le nostre piccole e medie imprese: una delle chiavi di svolta del made in italy più versatile e reattiva, un patrimonio per tutto il paese.

 

È grazie alle Pmi se siamo secondi solo alla Germania in Europa per numero di imprese che negli ultimi tre anni, dunque in piena crisi, hanno introdotto innovazioni di processo e di prodotto, innalzando il livello qualitativo delle loro attività.

 

Hanno infatti meno di 50 addetti l’80% delle 65.481 aziende italiane che hanno puntato sull’innovazione. Creatività, cultura e innovazione sono uno dei motori più potenti della competitività made in Italy. Tanto che il nostro settore culturale e creativo può contare su quasi 1,4 milioni di addetti e sul fronte dei brevetti  facciamo meglio di Francia e Regno Unito: in 22 classi di brevetti di design europei, sulle 32 totali, l’Italia è prima, seconda o terza per  numero di progetti depositati.

 

Solo la Germania in Europa è più virtuosa di noi. Il 58% delle nostre Pmi, inoltre, ha  impiegato il contributo di professionalità strettamente collegato al mondo della creatività. E sono ancora le nostre imprese con meno di 50 addetti  a guidare la ‘riconversione verde’ dell’occupazione europea: dalla fine del 2014, il 51% delle piccole e medie imprese italiane ha almeno un green job, più del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e della Germania (29%).

 

Una scelta strategica che guarda al futuro e che già oggi fa guadagnare in termini di export (tra le imprese manifatturiere, il 44% di quelle che investono green esportano stabilmente, contro il 24% delle altre) e di innovazione (30% contro 15%). E ancora alla nostra galassia di imprese artigiane, micro, piccole e medie aziende si deve oltre 1/5 (77 miliardi di euro) del valore aggiunto prodotto in Europa dalle imprese della manifattura fino a 50 addetti.

 

Ne sono un illustre esempio quelle filiere territoriali che fanno di Brescia e Bergamo le prime due province manifatturiere d’Europa (per valore assoluto), addirittura davanti alla tedesca Wolfsburg, che ospita il cuore della Volkswagen (e seguite, nelle prime 20, da altre 9 province tricolori).  Le nostre piccole e medie imprese sono un quarto delle Pmi esportatrici in Europa (più delle tedesche: 14,5%) e rappresentano ben il 90% del totale delle imprese manifatturiere esportatrici nel nostro Paese.

 

E’ quanto emerge dal dossier Le Pmi e la sfida della qualità: un’economia a misura d’Italia a cura di CNA e Fondazione Symbola, presentato a Roma alla presenza del Ministro della Cultura e del Turismo, Dario Franceschini da Daniele Vaccarino e Ermete Realacci, rispettivamente Presidente di CNA e Presidente di Symbola, Sergio Silvestrini, Segretario Generale CNA, e Fabio Renzi, Segretario generale Fondazione Symbola.

 

Un documento che non nasconde le difficoltà del Paese, messo alla prova da 8 anni di crisi, che finalmente sembra allentare la sua morsa e che tuttavia  ha accresciuto le disuguaglianze, reso più aggressive le mafie, più intollerabile la corruzione, lasciando inalterati la soffocante burocrazia e l’inaccettabile ritardo del Sud. Ma che al contempo sa individuare le potenzialità e i punti di forza del sistema Italia da cui ripartire per tornare a  correre.

 

Come i nostri talenti unici, il nostro saper fare, la bellezza e la cultura. Tradizioni da rinnovare  scommettendo su ricerca, creatività e sostenibilità, sul nostro saper creare qualità e puntando sulle tecnologie avanzate, sul web, sull’economia della condivisione.

 

Un dossier che smonta il falso mito secondo cui le Pmi sarebbero un peso di cui liberarsi e dimostra con dati alla mano l’esatto contrario: ossia che rappresentano la spina dorsale del made in Italy. E il volano del nostro export. Le Pmi mostrano una spiccata capacità di imporsi fuori dai nostri confini, anche su mercati poco frequentati, che va legata alla scommessa sulla qualità.

 

Lo dimostra il trend dei valori medi unitari dei nostri prodotti, che nell’ultimo decennio (2002 – 2015) sono cresciuti a ritmi superiori a quelli degli altri grandi paesi europei. In virtù della qualità dei nostri prodotti  il mercato ci  riconosce dunque prezzi più alti. Tanto che siamo addirittura primi al mondo per valore medio unitario di 255 prodotti. Tra cui molti blasoni del made in Italy: dall’agroalimentare alla meccanica, dal mobile e al design e alla moda.

 

“L’indagine dimostra – sottolinea il Presidente CNA, Daniele Vaccarino –  che la qualità è una caratteristica innata del Paese, fortemente presente anche e soprattutto nel nostro sistema economico, costituito per la gran parte da Pmi. Una caratteristica che emerge con forza nel binomio territorio-patrimonio artistico e culturale, un binomio che può costituire un volano per lo sviluppo di molte attività economiche, dal manifatturiero ai servizi, nel quale le Pmi possono e devono essere protagoniste. Ma, per valorizzare questo binomio, è necessario puntare sulla qualità. La qualità delle infrastrutture, materiali e immateriali, del territorio e delle città. Estrema importanza, in tale ambito, riveste la riqualificazione urbana, mirata a far tornare le città poli di attrazione anche economica. Le risorse sempre più ridotte obbligano a disegnare una strategia strutturata di riqualificazione complessiva del Paese, evitando gli interventi spot e scollegati del passato. Finanziata, principalmente, sfruttando al meglio le risorse comunitarie e favorendo le partnership pubblico/private diffuse, in grado di coinvolgere anche le imprese micro e piccole”.

 

“Per superare la durissima crisi che stiamo attraversando  – spiega il Presidente di Fondazione Symbola Ermete Realacci – dobbiamo fronteggiare i nostri mali antichi e scommettere sulle cose che rendono il nostro Paese unico: cultura, creatività, ingegno, saperi tradizionali, ricerca.  Quando l’Italia fa l’Italia, investendo in innovazione, qualità, bellezza e in green economy, è un Paese in grado di competere sui mercati globali. Le Pmi sono nel dna del nostro Paese e incarnano spesso un modello economico – e sociale – che gravita intorno al concetto di qualità e guarda al futuro; nel quale l’Italia ha tanto da dire al mondo:  Expo 2015 è un’occasione per farlo. Per questo le nostre Pmi vanno sostenute con strumenti adeguati, rimuovendo gli ostacoli che le frenano. Per far sì che le storie di successo individuali diventino il successo di un intero sistema produttivo. Il successo di un Paese” .

 

Fonte: www.hintmagazine.it