In una nota congiunta del Responsabile nazionale delle Politiche
fiscali e societarie di CNA, Claudio Carpentieri
e della Coordinatrice del Dipartimento politiche ambientali di CNA nazionale, Barbara Gatto, è stato diffuso il
chiarimento del Ministero dell’Economia e
delle Finanze
che, in una lettera a firma del Direttore del Dipartimento
delle finanze, dott. Paolo Puglisi, in
risposta ad un quesito inviatogli da un’impresa, ha interpretato come deve
essere determinata la superficie tassabile ai fini dell’applicazione della
TARI.

 

In primo luogo, il Ministero risolve alcune contraddizioni
contenute nel comma 649 dell’articolo 1 della legge 147/2013 (Legge di
stabilità 2014). Ricordiamo infatti che, il medesimo comma, fornisce le
seguenti indicazioni:

  • il primo capoverso prevede che: “Nella determinazione
    della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di
    essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui
    smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a
    condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla
    normativa vigente.”
  • il terzo capoverso dà la possibilità al Comune
    di disporre, nel regolamento attuativo, riduzioni della quota variabile del
    tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il
    produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti
    autorizzati.

In particolare CNA aveva già evidenziato come tale ultima
disposizione risultava particolarmente penalizzante per le imprese, oltre che
in contrasto con i principi comunitari.

 

In proposito la nota del Ministero chiarisce che, il primo
periodo del comma 649, permette di “considerare intassabili le aree sulle quali
si svolgono le lavorazioni industriali o artigianali”, poiché per loro natura
sono generalmente produttive in via prevalente di rifiuti speciali. La nota
prosegue chiarendo che, “conseguentemente, non può ritenersi corretta
l’applicazione del prelievo sui rifiuti alle superfici specificamente destinate
alle attività produttive, con la sola esclusione di quella parte di esse
occupate dai macchinari”, interpretazione che, peraltro, determinerebbe una
“ingiustificata duplicazione dei costi”.

 

Ricordiamo l’esclusione delle superfici in cui si producono
in via continuativa e prevalente è condizionata al fatto che il produttore ne
dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. In
proposito riteniamo che sia sufficiente a dimostrare il rispetto di tale
condizione, la corretta tenuta da parte dell’impresa degli adempimenti formali
in materia di gestione dei rifiuti, nonché i contratti con i soggetti
incaricati di tale gestione.

 

La nota del Ministero dell’economia provvede a fare
chiarezza anche rispetto all’assoggettabilità o meno delle superfici adibite a
magazzini e le aree scoperte, precisando che tali superfici “devono essere
considerate intassabili”, “anche a prescindere dell’intervento regolamentare
del comune” qualora siano produttive di rifiuti speciali; nello specifico si
delinea un divieto di assimilazione ai rifiuti che si producono sulle superfici
adibite a magazzini funzionalmente collegati all’esercizio delle attività
produttive.

 

Pertanto, la facoltà dei comuni di ridurre la parte
variabile della tariffa, è limitata alle superfici diverse da quelle per cui
l’esclusione opera ex legge sopra
meglio individuate, in quanto comunque produttive di rifiuti speciali non
assimilabili, al cui smaltimento provvede direttamente l’azienda.
Conseguentemente i regolamenti comunali per la disciplina della TARI dovranno
adeguarsi a quella interpretazione.

Richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la
nota ministeriale estende tali chiarimenti anche con riferimento alla TARSU.

 

In definitiva, rispetto alla situazione di incertezza e
incoerenza che si era venuta a determinare anche con le continue modifiche
normative in materia di tariffazione rifiuti, riteniamo che la posizione
espressa dal Ministero dell’economia possa rappresentare un importante tassello
per evitare la duplicazione e l’aumento ingiustificato dei costi per le imprese.

 

È evidente però che sarebbe necessario un intervento che
chiarisca definitivamente la questione, in coerenza con i principi europei,
evitando un utilizzo improprio dell’assimilazione e consentendo la possibilità
per le imprese di optare in ogni caso per la gestione dei propri rifiuti al di
fuori del servizio comunale anche nei casi in cui è consentita l’assimilazione.
Su tale aspetto siamo ancora impegnati nel confronto con Governo e Parlamento
per arrivare ad una nuova definizione della tariffa rifiuti coerente con questo
principio.

 

 

In allegato il chiarimento del MEF