A nostro parere, l’utilizzo in etichetta dell’aggettivo “artigianale” o “prodotto artigianale”, anche in vista dell’entrata in applicazione del nuovo Regolamento Ue 1169/2011, potrà essere oggetto di particolare attenzione da parte degli organi preposti al controllo, in sede di verifica ispettiva sulla veridicità di quanto dichiarato in etichetta.


Secondo il Dlgs 109/1992 che detta attualmente l’impianto normativo sull’etichettatura dei prodotti alimentari, ma anche secondo  il nuovo Regolamento europeo, la finalità principale dell’etichettatura è quella di “assicurare la corretta e trasparente informazione al consumatore”; in particolare “non deve indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, […] sul modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto stesso”, inoltre l’etichettatura “non deve suggerire che il prodotto alimentare possieda caratteristiche particolari quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche” .


L’aggettivo “artigianale” potrebbe individuare un prodotto fabbricato nello stabilimento di un ‘impresa “artigiana” anziché “industriale” (differenza dettata dalla legge 443/85 sull’artigianato); ma dato che non sono individuabili differenze certe che consistano in differenze intrinseche del prodotto, legate ad un processo produttivo più tradizionale o manuale, tale attribuzione di termine potrebbe risultare ingannevole.


Per tale motivo, anziché scrivere “prodotto artigianale” sarebbe più corretto scrivere in etichetta, accanto alla denominazione di vendita la dicitura “prodotto in laboratorio artigianale” o “prodotto da azienda artigiana”, per non indurre l’acquirente in errore sulla qualità o il modo di fabbricazione; infatti anche nel caso in cui l’aggettivo “artigianale” accompagni il prodotto, può richiamare, anche in questo caso, l’idea di caratteristiche peculiari diverse da quelle di prodotti analoghi che invece possiedono caratteristiche identiche.

Una circolare ministeriale del 2003 ribadisce che diciture come “produzione artigianale” non garantiscono una qualità organolettica, nutritiva o sanitaria superiore; afferma inoltre che un’altra dicitura analoga, cioè “lavorato a mano”, non aumenta la qualità del prodotto e che può essere indicata come garanzia sul metodo, solamente se sia possibile dimostrare l’esecuzione manuale di tutte le fasi del processo produttivo.


Ritornando alla dicitura “artigianale”, in altre parole l’azienda artigiana non può trasformare la sua qualifica giuridica in un elemento di qualità dei prodotti finiti.


Questa dicitura la si può riscontrare su tantissimi prodotti ed in particolare sulle produzioni di pasta e di birra che, tra l’altro, sono due prodotti soggetti a normativa specifica sull’etichettatura.


Tutto quanto detto è ovviamente un’indicazione interpretativa, dettata però da un confronto avviato tra Interpreta, Cna Alimentare nazionale e gli Enti preposti al controllo, in questo caso specifico i Nas.


Per informazioni su questo articolo e sul tema dell’etichettatura:

Sonia Robuschi – Responsabile provinciale CNA Alimentare

t. 0521 227248 – email: srobuschi@cnaparma.it

 

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