Le Amministrazioni locali penalizzate dai tagli ai trasferimenti, pressate dai vincoli del Patto di stabilità e disorientate da un assetto federale per certi versi ancora tutto da delineare, dovranno verosimilmente ricorrere a soluzioni drastiche come l’incremento della pressione tributaria e la riduzione dei servizi pubblici.

 

Le imprese rischiano così di dover sopportare ulteriori misure restrittiva, mettendone a dura prova l’attuale grado di competitività già deteriorato da tre anni di crisi.  Alla luce di questi elementi CNA Emilia Romagna, CNA Lombardia e CNA Veneto hanno deciso di realizzare un apposito Osservatorio per monitorare gli aspetti che riguardano maggiormente la vita della imprese nel rapporto con la finanza pubblica territoriale.

 

Il Rapporto 2012 è stato presentato ieri, 31 gennaio, a Milano nel corso di una iniziativa interregionale che si è tenuta a Palazzo Giureconsulti.

 

Emilia Romagna, un territorio che vale 39% dell’economia
nazionale

Il
Nord è il motore economico del Paese: qui è concentrata la maggioranza delle
imprese e qui si giocano i destini competitivi dell’Italia rispetto all’Europa
e ai mercati globali. In Lombardia, Emilia Romagna e Veneto vivono 19,4 milioni
di persone, pari al 32% della popolazione italiana, e operano 1,7 milioni di
imprese (32% del totale). Il Pil complessivamente generato in quest’area (622
miliardi di euro nel 2011) equivale al 39% del Prodotto interno lordo italiano.
A livello procapite, il Pil medio si collocherebbe poco sotto a quello della
Baviera e su livelli superiori a regioni come Baden-Württemberg,
NordReno-Vestfalia e Rhône-Alpes. Il gettito fiscale versato dai contribuenti
di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (289 miliardi di euro) vale il 41% delle
entrate fiscali nazionali. L’Emilia
Romagna contribuisce con il 7,3% della popolazione, l’8,9% del Pil, l’8,1%
delle imprese e il 9,3% del gettito fiscale.

 

Un territorio virtuoso ma penalizzato

“Nonostante
tale rilevante contributo – spiega Paolo
Govoni
presidente di CNA Emilia Romagna –  queste tre regioni risultano penalizzate da un
assetto della finanza pubblica territoriale poco trasparente e troppo ancorato
a criteri di riparto di tipo “storico”. L’Emilia Romagna, con 1.455 euro procapite, occupa il terzo posto nella graduatoria della pressione tributaria locale, intesa
come sommatoria dei tributi regionali, provinciali e comunali; completano il
quadro la Lombardia, in seconda posizione, e il Veneto, al sesto posto. I
trasferimenti alle Amministrazioni locali, anche in ragione della situazione di
stallo della riforma federale, continuano ad essere ripartiti sul principio
della spesa storica.” Questo principio appare particolarmente penalizzante per
le Amministrazioni locali dell’Emilia Romagna che, nel complesso, ricevono dallo Stato 1.509 euro procapite
(terzultimo posto). Si tratta di una
situazione analoga a quella di Lombardia (diciassettesima posizione) e Veneto
(ultimo posto). In estrema sintesi, le
imprese emiliano-romagnole operano in un territorio virtuoso ma costantemente penalizzato
:
a titolo esemplificativo, si fa notare che in Emilia Romagna il gettito dell’IRAP copre ben il 33,1%
della spesa sanitaria
, a fronte di una media del 28,5%.

 

Il rischio di nuove tasse per coprire i tagli centrali

Nel corso degli
ultimi tre anni, le misure restrittive contenute nelle recenti manovre
finanziarie governative hanno inciso profondamente sia sull’impianto del
federalismo fiscale, sia sul complesso delle risorse disponibili per Regioni ed
enti locali. Escludendo le disposizioni relative al Patto di stabilità interno,
i tagli effettivi e diretti alle Amministrazioni regionali e locali risultano
superiori ai 15 miliardi nel 2012 e
prossimi ai 23 miliardi nel 2013
. La maggiore
autonomia fiscale
concessa recentemente a Regioni ed enti locali (si pensi
ad IMU, addizionali IRPEF, TARES) rischia
di essere vuota
: infatti, i probabili incrementi della tassazione locale
non andranno a finanziare migliori servizi o nuovi investimenti, bensì
unicamente a coprire i mancati introiti derivanti dai tagli ai trasferimenti. Nel 2013 i Comuni emiliano-romagnoli
saranno particolarmente colpiti
: per loro, l’ulteriore taglio di risorse
previsto dalla Spending review e dalla Legge di stabilità, approvate nella
seconda metà dell’anno scorso, è di 150
milioni di euro (in media 34 euro per cittadino)
. Inoltre, si fa presente
che il passaggio dall’ICI all’IMU è
costato alle famiglie e alle imprese dell’Emilia Romagna circa 916 milioni di
euro: a questi si dovranno aggiungere gli effetti degli incrementi di aliquota
deliberati dai Comuni per far fronte ai tagli decisi dal Centro.

 

Un Patto che penalizza gli Investimenti

A seguito della
struttura e dei vincoli del Patto di stabilità interno, le spese per
investimenti delle Regioni italiane, tra il 2008 e il 2011, sono crollate di
quasi il 27%. Nello stesso periodo, gli investimenti delle Province si sono
ridotti del 22%, mentre quelli dei Comuni del 19%. I pagamenti della spesa in conto capitale effettuati dalla Regione
Emilia Romagna sono diminuiti, tra il
2008 e il 2011, del 26,5%.
Analogamente, la spesa in conto capitale dei Comuni emiliano-romagnoli, nel periodo
2007-2010, ha subito una flessione di
circa il 45%.
L’impatto delle regole di finanza pubblica appare
particolarmente rilevante in Emilia Romagna dove quasi l’80% degli investimenti pubblici viene effettuato dalle
Amministrazioni locali
(in media è il 75%).

 

Proposte concrete per rilanciare le Imprese e il Territorio

Sulla base
dei dati e delle dinamiche che emergono dall’Osservatorio, è possibile avanzare
alcune proposte per migliorare l’assetto della finanza pubblica locale e
rilanciare lo sviluppo di queste Regioni e del Paese.

 

1.
È necessaria una riforma del Patto di stabilità
interno che attui la “golden rule” europea. In pratica, le Amministrazioni
locali dovrebbero garantire l’equilibrio della parte corrente del bilancio,
lasciando sostanzialmente libera la spesa per investimenti. Tale proposta
appare in linea con la recente riforma costituzionale relativa al “pareggio di
bilancio”. A tale proposito si rammenta che le regole del Patto di stabilità
interno per le Regioni hanno di fatto operato come dei tagli lineari, premiando
chi aveva speso di più e penalizzando chi aveva speso di meno. L’Emilia Romagna rientra nell’ultima
categoria: negli ultimi anni la capacità di spesa massima ai fini del Patto di
stabilità è stata di 482 euro procapite, circa un terzo di quella concessa a
Basilicata e Molise.

 

2.

Attualmente
il concorso finanziario richiesto alle Amministrazioni locali viene
sostanzialmente determinato per singoli comparti (Regioni, Province, Comuni);
sarebbe opportuno, invece, superare questa impostazione definendo gli importi
delle manovre per territorio, eventualmente sulla base di opportuni indicatori,
e delegare alle singole realtà locali la ripartizione per livello di governo. È
un approccio che potrebbe tenere conto delle recenti innovazioni in materia di
“Patto regionale verticale” e di “Patto regionale orizzontale”.

 

3.

Una
possibile risposta, concreta e praticabile, alle comprensibili richieste di maggiore
autonomia da parte dei territori è già scritta nella nostra Costituzione
. L’articolo
116, infatti, concede alle Regioni ordinarie la possibilità di richiedere la
competenza legislativa esclusiva su una serie di materie conferite
completamente o in via concorrente allo Stato. Si tratta della via
costituzionale per procedere alla realizzazione di quel “federalismo a
geometria variabile” più volte sollecitato da alcune aree del Nord. La
capacità di spesa della Regione Emilia Romagna aumenterebbe così di 3 miliardi di euro, pari al 37% in più rispetto al livello attuale,
e avere maggiori poteri in materie come
istruzione, infrastrutture, beni culturali, lavori pubblici, ambiente, ricerca
scientifica e innovazione.

4. 

La
riforma del federalismo fiscale varata nel 2009 aveva un importante merito, che
riguardava la rilevazione dei costi e dei fabbisogni standard per le funzioni
fondamentali di Regioni ed enti locali. Questo strumento consente la
determinazione del “giusto” livello di spesa per ciascuna funzione e in ciascun
territorio, mettendo in evidenza i costi dovuti a sprechi ed inefficienze.
Attualmente risultano disponibili solo i dati relativi alle funzioni di polizia
locale (Comuni), mercato del lavoro (Province) e servizi generali (Comuni e
Province). Si tratta, pertanto, di portare a compimento la rilevazione anche
alle altre materie e di applicare quanto prima tali parametri in sede di
ripartizione delle risorse tra territori, in modo da stimolare veramente la
responsabilità e l’efficienza.