Tra dicembre 2011 e febbraio 2016 il credito alle imprese si è ridotto di
112 miliardi. Un calo impressionante. Equivale a un taglio di oltre l’11 per
cento dello stock complessivo. Ma questo calo si trasforma addirittura in un
crollo per le imprese artigiane che, nell’arco degli stessi 50 mesi, hanno
subito un taglio vicino al 20 per cento allo stock di credito erogato dalle
banche passando da 55,6 miliardi a 44,8 miliardi.

 

Soprattutto di questo, ma non solo, si è discusso a “Una nuova finanza
per le piccole imprese”, convegno che si è tenuto ieri a Roma presso
l’Auditorium della CNA. Aperto da Fabio Petri, delegato credito CNA, è
stato poi presentato il Rapporto CNA-Kpmg da Alessandro
Carpinella
 (partner Kpmg Advisory). Sono poi intervenuti Fabio
Bolognini 
(co-fondatore Workinvoice), Roberto Ippolito (managing
partner di RiverRock Italian Hybrid Capital Fund), Daniele Loro (ceo
di Prestiamoci) e Francesco Simone (direttore generale
Artigiancassa). Il tutto è stato poi concluso con la tavola rotonda tra Enrico
Morando 
(vice ministro dell’Economia e delle Finanze), Giovanni
Sabatini 
(direttore generale dell’Abi) e Daniele Vaccarino (presidente
nazionale della CNA).

 

I risultati dell’analisi condotta su oltre 16mila bilanci di piccole
imprese


Per indagare l’evoluzione strutturale delle condizioni di
finanziamento delle imprese (e per cominciare a provare a delineare nuovi
percorsi, e soprattutto nuove soluzioni, a problemi persistenti), la CNA è
partita da un’analisi empirica condotta su più di 16mila bilanci estratti da
oltre 8mila imprese.

 

Dall’indagine sono naturalmente scaturite diversità dimensionali, ma anche
“caratteriali”. Ben profilate dal “carattere” sono emerse due grandi famiglie,
le imprese statiche e le imprese dinamiche. Le imprese statiche puntano alla
continuità, mantenendo la stabilità del proprio business, e rinunciano a
chiedere nuovo credito perché o non effettuano investimenti puntando sulla
continuità o temono di vedersi negato il credito. Le imprese dinamiche, invece,
puntano a crescere ampliando il proprio business e quindi investono sempre
maggior risorse per riuscire a competere o a conquistare fette di mercato in
Italia e all’estero.

 

Il panorama delle piccole imprese denota profondi mutamenti al suo interno,
dimostrandosi una realtà molto più dinamica di come spesso continui a essere
descritta. Il digitale è già molto diffuso tra le piccole imprese: il 22 per
cento ha in azienda una figura che si occupa esclusivamente di Ict, il 79 per
cento dispone di pc in rete. Ovviamente tutti hanno uno o più smartphone. Quasi
la totalità dei proprietari possiede un dispositivo per connettersi a Internet
a scopo professionale e circa il 40 per cento usa i social network per la
propria attività. La quasi totalità delle piccole imprese digitalizzate si avvale
di servizi bancari on line. L’84 per cento delle piccole imprese ritiene che la
banca sia un partner importante, una media superata dalle piccole imprese
industriali (97 per cento), con elevate aspettative di crescita del fatturato
(91 per cento), commerciali (91 per cento).

 

Le reazioni delle imprese alla diminuzione del credito evidenziano
come la definizione onnicomprensiva di piccole imprese non sia più sufficiente:
sono infatti aumentate le loro specificità in relazione al settore, alla classe
dimensionale, agli obiettivi strategici.

 

La differenza tra attivi e passivi delle imprese evidenzia un
irrobustimento delle imprese di servizi e delle micro-imprese. E, di fronte
alla riduzione del credito, le micro imprese in genere, e in particolare le
aziende immobiliari e delle costruzioni, hanno reagito principalmente
indebitandosi con i soci e cercando di allentare la presa dei fornitori.

In complesso, da parte delle banche si registra una divaricazione del
credito con erogazioni sempre più selettive (il settore manifatturiero registra
un +4 per cento), una maggiore attenzione al rischio (in quanto la redditività
degli impieghi rimane bassa), una mancanza di convenienza nell’erogazione di
credito alle piccole imprese, considerato che fino a 30mila euro il margine di
contribuzione sarebbe addirittura negativo, le banche, insomma, concluderebbero
l’operazione in perdita. Sul fronte della richiesta di credito, invece, si
allargano le divergenze. Profondo è il divario tra imprese statiche e
dinamiche. Importante, nella valutazione dell’affidabilità delle imprese, il
settore in cui operano.  La redditività media delle imprese non permette
di “reggere” il nuovo credito e le imprese che se lo possono permettere cercano
modalità alternative di accesso al credito, magari già diffuse all’estero.

 

Le 12 proposte della CNA


Il metodo migliore per rilanciare il credito passa per il rilancio degli
investimenti, pubblici e privati, e dei consumi. Contestualmente si può, e si
deve, lavorare per creare un humus favorevole alla ripartenza, prima di tutto
connettendo nuova finanza e piccole imprese.

 

Con questa premessa di fondo la CNA ha individuato 12 proposte. 
Strumenti di una politica per il credito alle piccole imprese in linea con il
terzo millennio che CNA affida ai decisori istituzionali, economici e
imprenditoriali. Assumendosi in prima persona, ovviamente, le proprie
responsabilità. Tre sono i “facilitatori” che dovranno agire con perizia e con
energia e avendo ben chiari obiettivi e responsabilità: istituzioni, sistema
bancario e finanziario, l’Associazione, cioè la CNA.

 

L’Associazione

 

All’Associazione, intesa come
sistema, è affidata l’assistenza capillare professionale alle piccole
imprese, il rilancio strategico dei Confidi, la valorizzazione del patrimonio
informativo.

 

Le istituzioni

 

Alle istituzioni spettano il sostegno
alla patrimonializzazione d’impresa, le garanzie per le imprese che ne hanno
bisogno, l’innovazione nel mercato pubblico che si rivolge alle imprese di beni
e di servizi, la modernizzazione degli interventi sui crediti commerciali e
della giustizia civile.

 

Banche e finanza

 

A banche e finanza spetta il sostegno al
piccolo credito, anche attraverso forme innovative che coinvolgano altri
soggetti come i Confidi, la banca digitale per le piccole imprese, lo spazio a
investitori con metodi innovativi. L’individuazione di nuovi prodotti tagliati
su misura per le dimensioni di impresa e per i diversi settori.

 

Ma che cosa devono fare, prima di ogni altra cosa, i tre agenti di
modernizzazione e crescita della finanza per le piccole imprese per ridurne la
dipendenza dal credito tradizionale?

 

Vediamo le 12 proposte, all’Associazione
spettano:

  • Una nuova organizzazione territoriale in grado di fornire informazioni
    dettagliate e su misura alle imprese. In sostanza si tratterà di prendere per
    mano direttamente, o indirettamente, le piccole imprese e traghettarle verso il
    “mondo nuovo” della finanza.
  • La diversificazione e l’innovazione dei Confidi, che vuol dire esplorare e
    attivare la fattibilità, fra quanti di loro dispongono dei requisiti necessari
    per farlo, di erogare credito direttamente, permettendo nuove forme di garanzia
    e sostenendo l’accesso ai Fondi europei.
  • La valorizzazione del patrimonio informativo in proprio possesso sulle
    singole imprese (non solo i bilanci, ma flussi contabili, andamento del
    personale e così via) allo scopo di definire nuove strategie per e con le
    banche.
  • La messa in chiaro della finanza a Km0, cominciando con la definizione di
    una nuova proposta di regolamentazione, sulle modalità di sostegno alle imprese
    attraverso canali finanziari informali che si sono diffusi con la crisi
    (prestiti da amici, parenti, soci, fornitori, collaboratori) e che, una volta
    regolamentati, potrebbero diventare un veicolo di mutualità territoriale.

​​La bassa patrimonializzazione delle imprese

  • Le istituzioni sono chiamate a favorire la patrimonializzazione delle
    imprese. C’è chi parla di retaggio culturale ma, a conti fatti, questa
    debolezza è alimentata soprattutto dalla mancata convenienza economica
    dell’investimento nella propria impresa. Come intervenire? Sbloccando, prima
    dal punto di vista normativo e poi incentivando, gli strumenti finanziari
    finalizzati al sostegno della patrimonializzazione delle imprese (garanzia
    equity), incrementando l’impatto, la conoscenza e la diffusione degli strumenti
    di riduzione dell’imposta sui redditi derivanti dal finanziamento del capitale
    di rischio (Ace), introducendo l’Imposta sul reddito delle imprese (Iri) per
    premiare chi investe nella propria impresa personale, allineando l’aliquota dei
    redditi lasciati in azienda a quelle delle società di capitali.

Il Fondo centrale di garanzia

  • Bisogna favorire il ripensamento strategico e operativo del Fondo centrale
    di garanzia per agevolare le imprese che hanno reale necessità, ampliare la
    platea delle imprese che possono accedervi, migliorare l’uso delle risorse.
    Oggi, per esempio, con un milione di euro si risponde a dieci imprese, domani
    con lo stesso milione si potrà rispondere a venti imprese potenziando l’effetto
    leva.

Le piattaforme elettroniche di procurement

  • È necessario migliorare i criteri di funzionamento delle piattaforme
    elettroniche di procurement di beni e servizi per la Pubblica Amministrazione,
    individuando sistemi che non discriminino le piccole imprese. Servono lotti di
    forniture accessibili, insieme a criteri di valutazione che premino le imprese
    in grado di generare il maggior impatto economico e sociale sui territori e il
    rispetto rigoroso dei tempi di pagamento. I dati della Commissione europea ci
    dicono che il 5,9 per cento degli appalti pubblici tra il 2011 e il 2014 sono
    inferiori a 134mila euro contro il 27,1 per cento della media UE.

I ritardi nei pagamenti

  • Bisognerà fare in modo che venga rispettata dal pubblico e dai soggetti
    privati la normativa sui termini di pagamento, anche riducendo le lungaggini
    processuali nel caso dei conflitti giudiziari aperti per ottenere un pagamento
    dovuto.

Il mondo del credito e della finanza

  • Al mondo del credito e della finanza è chiesto il sostegno al piccolo
    credito, prevedendo istruttorie low cost che rendano conveniente alle banche la
    concessione dei piccoli crediti. Nel contempo, va creato un mercato per i
    piccoli importi in attesa che siano campo anche altri soggetti non bancari,
    come i Confidi.
  • Va definitivamente superato l’ormai inefficiente modello del credito
    “uguale per tutti” e va invece aperta con decisione la strada delle
    soluzioni per il credito di settore e di filiera.
  • Va creato e reso operativo un modello di banca digitale, accessibile 24 ore
    su 24 anche via smartphone, in grado di fornire le riposte più semplici,
    elementari, agli imprenditori, a cominciare dalla gestione delle esigenze
    creditizie di base.

I nuovi strumenti finanziari

  • Va facilitato l’incontro tra piccole imprese e innovatori dell’investimento
    (per diffondere, accanto ai minibond esistenti che hanno coinvolto
    fondamentalmente imprese con almeno 25 milioni di fatturato, anche i microbond
    e le piattaforme di crowdfunding), e fintech lender, vale a dire fornitori di servizi
    e prodotti finanziari attraverso le più avanzate tecnologie della
    comunicazione.

 

Fonte: CNA Nazionale

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