Il D.lgs 192/2012 di recepimento della
Direttiva 2011/7/UE, ha:

  • modificato il
    D.Lgs. 231/2002 che aveva recepito la prima  direttiva emanata in
    materia di lotta ai ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali
    (Direttiva 2000/35/CE);
  • stabilito
    rigorosi e precisi  termini che le  Imprese e le Pubbliche Amministrazioni
    devono rispettare per i pagamenti;
  • definito la
    decorrenza  automatica degli interessi moratori in caso di ritardo
    rispetto alle scadenze di pagamento previste.

 

La nuova disposizione si applica ai
soggetti economici e cioè
:

alle imprese; a chi svolge libera
professione; alle Pubbliche Amministrazioni dello Stato; agli enti pubblici
territoriali quali Comuni, Province, Regioni; agli enti pubblici non economici;
agli organismi di diritto pubblico; alle associazioni, unioni, consorzi,
costituiti da detti soggetti; ad ogni altro soggetto quando svolge attività per
la quale è tenuto al rispetto del Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs.
163/2006 e art. 3 comma 25 di tale decreto).

In merito al richiamo al Codice dei
Contratti Pubblici si evidenzia che la giurisprudenza amministrativa è concorde
nel ritenere applicabile il citato Decreto Legislativo anche alle prestazioni
da fornire alle P.A. e alle opere pubbliche (TAR Piemonte Torino Sez. I
04/12/2009 n. 3260; TAR Sicilia Catania Sez. II 12/12/2007 n. 1980).

 

A chi non si applica:

ai consumatori finali e cioè ai soggetti
che non agiscono in regime di impresa/arte o professione; al settore
agro/alimentare; ai debiti oggetto di procedure concorsuali a carico del
debitore comprese le procedure di ristrutturazione del debito; ai pagamenti
effettuati a titolo di risarcimento danni compresi quelli effettuati a tale
titolo da parte di un assicuratore.

 

A cosa si applica:

ai pagamenti, effettuati a titolo di
corrispettivo, in riferimento alle transazioni commerciali definite dall’art. 2
del D.Lgs. 231/2002 e cioè ai:

contratti, comunque denominati, tra imprese
o tra imprese e pubbliche amministrazioni (quelle sopra elencate) che
comportano in via esclusiva o prevalente la consegna di merci o la prestazione
di servizi contro il pagamento di un prezzo.

In particolare, la giurisprudenza
amministrativa è concorde nel ritenere applicabile la normativa in esame anche
alle opere pubbliche e alle prestazioni da fornire alle P.A..

 

Quali sono i termini di legge previsti per
i pagamenti:

Premesso che la nuova disposizione prevede
che, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento,
decorrono automaticamente gli interessi moratori (non è quindi necessario
agire per la messa in mora), i termini di pagamento sono così definiti:

Nei
rapporti tra imprese, tra imprese e professionisti, tra professionisti


Il termine per il pagamento è di 30 giorni di
calendario decorrenti: 

– dalla data di ricevimento da parte del
debitore della fattura o della richiesta di pagamento di contenuto equivalente.

A tal fine non hanno effetto sulla
decorrenza del termine  le richieste di integrazione o modifica formali
della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento. Si ritiene che
nella suddetta integrazione rientrino anche le note di addebito/accredito
emesse in riferimento al documento originario.

Per documentare la data di ricevimento si
può fare riferimento alle indicazioni fornite dal Decreto interministeriale N.
199/2012, attuativo dell’Art. 62 del D.L. 1/2012 e relativo al settore
agro/alimentare, che prevede: la consegna manuale, l’invio della fattura con raccomandata
AR, l’utilizzo di strumenti telematici di trasmissione (Pec, fattura
elettronica, ecc.). 

– dalla data di ricevimento delle merci o
dalla prestazione del servizio,  quando non è certa la data di
ricevimento  della fattura  o della richiesta equivalente di
pagamento.

– dalla data di ricevimento delle merci o
dalla prestazione del servizio,  nei casi in cui  il ricevimento
della fattura o della richiesta  di pagamento  ad esse relative, sia
anteriore alle stesse.

– dalla data dell’accettazione o della
verifica, eventualmente previste dalla legge o dal contratto, ai fini
dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi alle prestazioni
contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente
di pagamento entro tale data.

Nelle transazioni commerciali tra
imprese/professionisti, le parti possono pattuire un termine di pagamento
superiore ai 30 giorni .  Tuttavia, se tale termine derogatorio è
superiore a 60 giorni,
lo stesso:   

– non deve essere gravemente iniquo per il
creditore.

E’ considerata iniqua in danno del
creditore una condizione contrattuale che comporta un grave scostamento dalla
prassi commerciale creando un contrasto con il principio di correttezza e buona
fede contrattuale, avuto riguardo alla natura della merce o del servizio
oggetto del contratto.

– deve risultare da espressa pattuizione provata
per iscritto.

A titolo esemplificativo la pattuizione può
essere inserita espressamente in fattura o nel contratto. Infatti la fattura,
nello specifico, è un documento che il codice di procedura civile considera
prova scritta atta a fondare l’emissione di un decreto ingiuntivo. La fattura
una volta inviata alla impresa debitrice, ove non contestata immediatamente, è
documento che anche in giudizio ha valore probatorio sino a prova contraria che
la parte destinataria deve fornire contro ogni dubbio del Giudicante. Pertanto
la semplice emissione di fattura a seguito dell’accordo fra le imprese, si
ritiene documento idoneo a fornire “prova scritta” della deroga ai termini
massimi di legge di pagamento.

Può inoltre considerarsi espressa
pattuizione, a titolo esemplificativo: un preventivo con termini di pagamento
maggiori di 60 giorni ritornato sottoscritto per accettazione; uno scambio di
fax o mail cui segue la fattura con dicitura dei termini in deroga.

Nei
rapporti tra imprese (o liberi professionisti) e P. A. (debitrice)


Il termine per il pagamento è di 30 giorni
 decorrenti dalle stesse date previste per le transazioni tra imprese.

Le parti possono pattuire, sempre
espressamente per iscritto, un termine maggiore ma che non può essere superiore
a 60 giorni
quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle
circostanze esistenti al momento della sua conclusione.

Il termine di 30 giorni è raddoppiato
per:  

– le P.A. tenute al rispetto della
trasparenza finanziaria di cui al D.Lgs. 333/2003 (Relazioni finanziarie tra
gli stati membri);

– per gli enti pubblici che forniscono
assistenza sanitaria.

La facoltà di deroga dei termini è ammessa
solo quando le parti si trovino in condizione di libertà contrattuale. Pertanto
non è possibile quando le condizioni sono imposte unilateralmente da legge
speciale, come le condizioni richieste per la partecipazione a un bando di gara
pubblico. In tale caso, infatti, non sarà possibile apportare deroghe
peggiorative ai termini di pagamento.

Tale deroga potrà, pertanto, essere
applicata nei contratti fra imprese o liberi professionisti con le P.A. dove
queste agiscano secondo le norme di diritto privato e cioè non facendo ricorso
ai loro poteri pubblici per la tutela di un  pubblico interesse (casi
sicuramente residui).

 

Puntualizzazioni che interessano tutte le
transazioni commerciali indipendentemente dal fatto che un contraente sia una
P.A.

  • Se è prevista
    una procedura diretta ad accertare la conformità della merce o dei servizi
    al contratto, questa non può durare più di 30 giorni dalla data di
    consegna della merce o della prestazione del servizio, salvo diversa
    previsione per iscritto nel contratto o nel bando di gara e sempre che non
    sia gravemente iniqua per il debitore.
  • Le parti
    possono stabilire termini di pagamento a rate. In tal caso gli interessi
    moratori e gli altri emolumenti decorrono dalla scadenza di ciascuna rata
    non pagata  e sono calcolati sui singoli  importi scaduti.

Interessi legali di mora/saggio

Il D.lgs 231/2002 prevede che gli interessi
moratori decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal
giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento.

Il creditore ha diritto alla corresponsione
degli interessi moratori sull’importo dovuto, salvo che il debitore
dimostri che il ritardo nel pagamento è stato determinato dall’impossibilità
della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

L’importo dovuto è determinato
dalla somma che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattualmente
previsto, comprensiva delle imposte e di ogni altro onere indicato in fattura o
nella richiesta di pagamento equivalente.

Gli interessi moratori sono determinati
nella misura degli interessi legali di mora.

Solamente nelle transazioni tra imprese e
tra imprese e liberi professionisti possono essere concordate misure
diverse.

Il tasso di riferimento per il calcolo
degli interessi di mora è il saggio d’interesse applicato dalla BCE alla sua
più recente operazione di rifinanziamento  principale, maggiorato di 8
punti percentuali.

  • Per il primo
    semestre dell’anno cui si riferisce il ritardo è quello in vigore al 1
    gennaio dello stesso anno;
  • Per il secondo
    semestre dell’anno cui si riferisce il ritardo è quello in vigore al 1
    luglio  dello stesso anno.

Il tasso di riferimento è reso noto, con
pubblicazione in Gazzetta ufficiale, da parte del Ministero dell’Economia e
delle Finanze, entro il quinto giorno lavorativo di ciascun semestre solare.

Gli interessi di mora, ai fini della
predisposizione del bilancio di esercizio,  rilevano per competenza. Ai
fini fiscali si applicano le disposizioni dell’Art. 109 c. 7 TUIR (criterio di
cassa).

 

Risarcimento delle spese di recupero
credito

L’Art. 6 del D.lgs 231/2002 come modificato
dal D.lgs 192/2012,  prevede che il creditore oltre ad avere diritto agli
interessi moratori, ha diritto anche al rimborso dei costi sostenuti per il
recupero del credito non corrisposto tempestivamente.

Tale rimborso,  di importo forfettario
di 40 euro, spetta automaticamente senza che sia necessaria la messa in
mora.

Esempio: in un sollecito di
pagamento l’impresa creditrice potrà inserire la richiesta di pagamento della
somma capitale, degli interessi moratori e anche di € 40,00 a titolo di
risarcimento danno ex art. 6 D.Lgs. 231/2002.

E’ comunque fatta salva la prova di un
maggior danno che può consistere nei costi effettivi di assistenza (ad esempio:
assistenza legale) per il recupero del credito. In tali casi il creditore ha
diritto di richiedere al debitore il pagamento delle spese che eccedono
l’importo forfettario di 40 euro.

 

Casi di nullità per grave iniquità

Il D.Lgs. 231/2002 fa riferimento al
concetto di “iniquità” per il creditore dei termini di pagamento in deroga e
richiama tale  definizione anche al successivo Art. 7 che reca “Nullità”.

Tale ultimo articolo prevede, infatti, casi
espressi di nullità di clausole considerate gravemente inique per il creditore
e precisamente:

  • la clausola
    che prevede l’esclusione dell’applicazione di interessi di mora è
    automaticamente nulla. Ciò significa che è nullo per presunzione assoluta
    un accordo tra debitore e creditore volto ad escludere l’applicazione
    degli interessi di mora, anche se formalizzato nel contratto.
  •  la
    clausola  che esclude il risarcimento dei costi di recupero credito è
    nulla per grave iniquità, salva prova contraria.
  • nei contratti
    con la P.A. la clausola che predetermina o modifica la data di ricevimento
    della fattura è automaticamente nulla. 
  • In via
    generale è poi previsto  che siano nulle qualora risultano gravemente
    inique a danno del creditore le clausole, a qualunque titolo previste o
    introdotte nel contratto, relative ai termini di pagamento, al saggio
    degli interessi moratori e al risarcimento per i costi di recupero del
    credito.

Sul piano civilistico viene previsto che
 le clausole nulle per grave iniquità non comportano nullità dell’intero
accordo contrattuale perché le stesse vengono automaticamente sostituite di
diritto dalle condizioni imposte dalle norme imperative (come lo sono quelle
previste dalle norme in esame).

 

Tutela degli interessi collettivi da parte
delle Associazioni di categoria di piccole, medie imprese e artigiani presenti
nel CNEL.

Le Associazioni sopra citate, tra le quali
rientra anche CNA, sono legittimate ad agire giudizialmente  in
rappresentanza di imprese a tutela di interessi collettivi nei giudizi che
volgono ad accertare la grave iniquità di clausole contrattuali e di inibirne
l’uso, a correggere o eliminare effetti dannosi delle violazioni accertate, a
ordinare la pubblicazione della decisione del Giudice su giornali a diffusione
nazionale o locale (art. 8 del D.Lgs. 231/2002 che non è stato modificato dal
D.Lgs. 192/2012).

 

Collegamento con Art. 62 D.L. 1/2012 –
 settore Agro alimentare

Le transazioni commerciali relative alle
cessioni di prodotti agricoli ed agroalimentari continuano ad essere
regolamentate dalle disposizioni dell’Art. 62 del D.L. 1/2012 che , dal
24/10/2012, prevedono l’applicazione automatica degli interessi di mora, dal
giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento fissato in:

  • 30 giorni per
    le merci deteriorabili;
  • 60 giorni per
    le altre tipologie di merci

a decorrere dall’ultimo giorno del mese di
ricevimento della fattura.