Lo strumento appena approvato servirà a misurare la congruità dei redditi dichiarati in rapporto alle spese sostenute e agli investimenti effettuati, in sostanza si tende a verificare che il reddito dichiarato sia in sintonia col proprio tenore di vita.

 

I consumi da considerare sono compresi in 56 voci di spesa contenute nella Tabella A allegata al Decreto del MEF e sono così riepilogabili :

–      consumi di generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature;

–      abitazione (mutuo, canone di locazione, fitto, fitto figurativo, manutenzioni, ecc.);

–      combustibili ed energia (gas, energia elettrica, riscaldamento, ecc.);

–      mobili, elettrodomestici e servizi per la casa;

–      sanità (medicinali, visite mediche, ecc.);

–      trasporti (bollo, assicurazioni, manutenzioni, tram, autobus, taxi, ecc.);

–      comunicazioni (spese telefono, acquisti di telefoni, ecc.);

–      istruzione (libri, rette, soggiorni all’estero ecc.);

–      tempo libero, cultura e giochi (abbonamento pay TV, giochi on line, computer, animali domestici, ecc.);

–      altri beni e servizi (contributi previdenziali, barbiere, parrucchiere, estetista, alberghi, ecc.).

 

Gli investimenti che devono essere considerati comprendono:

–      immobili (fabbricati e terreni);

–      beni mobili registrati in pubblici registri (auto, caravan, motocicli, ecc.);

–      polizze assicurative (investimenti, previdenza, vita);

–      contributi previdenziali volontari;

–      azioni, obbligazioni, conferimenti, finanziamenti, quote di partecipazione, oro, ecc.;

–      oggetti d’arte e di antiquariato;

–      manutenzione straordinaria delle abitazioni;

–      donazioni ed erogazioni liberali;

–      altro.

 

L’incidenza delle spese deve in ogni caso essere riferita alla propria tipologia di nucleo familiare, la Tabella B allegata al decreto del MEF ne individua 11 da ripartire su 5 aree territoriali.

 

La spesa riferita ai consumi potrebbe risultare da dati disponibili o presenti in anagrafe tributaria oppure potrebbe avere un contenuto induttivo (Tabelle Istat) determinato da medie di consumo in relazione al nucleo familiare di appartenenza.

 

L’Agenzia potrà anche utilizzare elementi indicativi di capacità contributiva diversi da quelli indicati nella Tabella A, se sono disponibili dati relativi alla spesa sostenuta per l’acquisizione di servizi e di beni per il loro sostentamento.

Al risultato delle voci sopra riportate andranno infine aggiunte le spese per investimenti ed anche la quota di risparmio formatasi nell’anno, il risultato così determinato dovrà essere confrontato col reddito dichiarato ed in caso di scostamento superiore al 20% scatta la presunzione di redditi omessi.

 

Col nuovo redditometro, dunque, la pretesa tributaria si fonda esclusivamente sulla differenza tra il reddito dichiarato e la spesa concretamente effettuata o attribuita.

Di fronte a questa impostazione che reca una pretesa così fortemente motivata il contribuente potrà difendersi puntando essenzialmente sull’effettiva valenza probatoria dello strumento, così come delineato dalle norme di riferimento e sulle prove contrarie che la normativa ammette a difesa e giustificazione della propria condizione, elementi che potranno essere fatti valere nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate.

Come abbiamo visto, alcune spese sono stimate dall’Istat e sono quindi riferibili alla famiglia nel suo complesso, di converso verranno attribuite ai singoli componenti il nucleo famigliare sulla base del rapporto con il reddito complessivo dichiarato dal soggetto che viene accertato, ciò detto, le possibilità di giustificare gli eventuali scostamenti fra reddito disponibile stimato e reddito dichiarato sono da ricercare nella dimostrazione che:

 

–      il denaro utilizzato per la spesa deriva da risparmi, da prestiti, da donazioni ovvero da redditi non soggetti ad imposizione oppure assoggettati alla fonte a titolo d’imposta;

–      il reddito disponibile utilizzato per sostenere la spesa è diverso dal reddito che il contribuente è obbligato a dichiarare;

–      la spesa attribuita è diversa da quella effettivamente sostenuta.

Su quest’ultimo punto appare evidente che la possibilità di dimostrare il diverso ammontare della spesa sostenuta diventa un elemento determinante poiché, come accennato, molte voci di spesa utilizzate per il calcolo del reddito presunto derivano da stime Istat.

 

Quanto alla possibilità di poter dimostrare che la spesa sostenuta è pari a quella stimata, in contraddittorio si potrà portare il fatto che la provvista di denaro utilizzata deriva da redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta, non soggetti ad imposizione, tassati alla fonte ovvero derivanti da donazioni ricevute; si tratta di prove contrarie già utilizzate anche nel precedente redditometro.

Col nuovo redditometro, tuttavia, ciò che viene considerato per la stima del reddito presunto è la spesa effettuata nell’anno, sia nell’ambito dei consumi che degli investimenti, sarà dunque il contribuente che dovrà dimostrare che l’investimento è avvenuto con redditi relativi ad anni precedenti evidentemente non spesi, sembra quindi che si possa andare a ritroso senza limiti di tempo.

Quanto alle donazioni ricevute occorrerà prestare attenzione a che il donante non si trovi “scoperto” a sua volta.

Per gli imprenditori il reddito disponibile nell’anno non necessariamente coincide con il reddito dichiarato, potrebbe essere superiore, infatti, basta pensare ai costi figurativi rappresentati da ammortamenti, accantonamento a fondi rischi, accantonamento al TFR, ai ratei passivi di fitti o canoni pagati nell’anno successivo a quello considerato e quant’altro.

 

Questa differenza di reddito disponibile può quindi essere ammessa come prova contraria, contrariamente a quanto avveniva col “vecchio” redditometro che, ricordiamo, è in vigore fino al periodo d’imposta 2008; si tratta quindi di fattori che possono incidere in modo rilevante nella determinazione del reddito d’impresa, come peraltro può incidere il frazionamento della tassazione delle plusvalenze che incidono parzialmente nel reddito tassabile nell’anno a fronte di un’entrata finanziaria che invece avviene nell’anno stesso.

Concludiamo con alcune osservazioni in ordine alla possibilità che le spese effettivamente sostenute siano inferiori a quelle stimate.

 

Come già accennato, molte voci di spesa, in particolare i consumi delle famiglie, sono affidate alle stime Istat, questo ha comportato la necessità di riconoscere che il contribuente possa fornire prova idonea che la stima è superiore alla spesa effettivamente sostenuta, tuttavia si tratta evidentemente di prova diabolica poiché, anche ipotizzando che si possano conservare tutti gli scontrini e le ricevute, il Funzionario dell’Agenzia delle Entrate avrebbe sempre il legittimo sospetto che non tutta la documentazione sia stata esibita.

Concludiamo questo primo intervento sul nuovo redditometro con la conferma delle preoccupazioni già formulate in precedenza in occasione della pubblicazione del Redditest ed attendiamo che l’Agenzia, come preannunciato, pubblichi l’attesa circolare esplicativa.

Parma 30 gennaio 2013 Rodolfo Riccò