Presentato a Roma lo studio realizzato dall’Osservatorio CNA “Comune che vai, burocrazia che trovi”, che misura il peso della burocrazia sull’avvio di impresa, prendendo come esempio cinque tipologie di attività: acconciatura, bar, autoriparazione, gelateria, falegnameria. 

 

La burocrazia
rimane un elemento che frena le potenzialità di sviluppo e di crescita
dell’Italia
.  E presta il fianco a
comportamenti opachi che non di rado alimentano la corruzione. Questo
nonostante i numerosi tentativi di riforma, i proclami di ogni governo e di
ogni forza politica, l’avanzare dei processi di innovazione e digitalizzazione.
Quasi la burocrazia fosse un Moloch invincibile.

 

A
pesarne l’impatto sull’avvio di attività imprenditoriali, e quindi sulla
propensione all’imprenditorialità del nostro Paese, è la CNA con l’Osservatorio
“Comune che vai, burocrazia che trovi”, alla prima edizione. Una indagine
condotta sul campo, in collaborazione con 52 CNA territoriali, in
rappresentanza di altrettanti comuni, di cui 50 capoluoghi di provincia.

 

Lo
studio prende a esempio cinque tipologie d’impresa: acconciatura, bar,
autoriparazione, gelateria, falegnameria. Di ognuna è calcolato in dettaglio il
numero di adempimenti, degli enti coinvolti e delle operazioni necessarie
all’apertura, oltre al costo totale dell’autorizzazione.

 

Lo studio analizza
anche alcuni aspetti dell’apertura d’impresa comuni a tutti gli aspiranti
imprenditori: gli adempimenti relativi a salute e sicurezza, la pratica per
esporre un’insegna, la ristrutturazione dei locali, l’assunzione di un
apprendista
.

 

Tutte
le attività scontano profonde differenze tra un comune e l’altro, che incidono
in termini di tempi ma anche di denaro. Il risultato di questa pressione è il
numero di adempimenti chiesti dalla Pubblica amministrazione: per chi voglia
aprire un’attività di autoriparazione sono 86. E’ il picco. Ma anche chi ha di
fronte la strada relativamente più agevole, l’aspirante acconciatore, se ne
ritrova di fronte 65. E in questo arco poco invidiabile si posizionano gli
altri. Così come si può arrivare a dover spendere quasi 20mila euro solo per
soddisfare la fame dell’insaziabile Moloch. Una ingente somma che, invece,
potrebbe essere adoperata più proficuamente per acquistare macchinari e
attrezzature necessari all’attività.

 

Acconciatura

Sessantacinque
adempimenti. Ventisei enti coinvolti. Trentanove file (reali o virtuali) da
sciropparsi. Una spesa di 17.535 euro. E tutto ciò solo per aprire un salone di
acconciatura. A monte della presentazione della Scia (Segnalazione certificata
di inizio attività) va previsto il superamento di un esame teorico-pratico a
compimento di un corso triennale e di uno stage dalla durata variabile: dalle
500 ore richieste nel Lazio alle 1.200 in Lombardia e in Sicilia. Oltre alla
documentazione obbligatoria per legge, da presentare al Suap (Sportello unico
attività produttive)  un terzo dei comuni
pretende attestazioni facoltative. Che possono essere molto onerose. Catania e
Ragusa, a esempio, chiedono il certificato di agibilità dei locali, che si
ottiene in 60 giorni e costa 1.500 euro.

 

Bar

Aprire
un bar richiede fino a 71 adempimenti e coinvolge anche 26 enti con i quali,
però, ci si può dover interfacciare fino a 41 volte perché ad alcuni enti ci si
deve rivolgere varie volte. La spesa sfiora i 15mila euro (14.667 per la
precisione). L’aspirante imprenditore deve aver frequentato un corso che costa
in media sui 600 euro ma dura tra le cento (Emilia Romagna, Marche, Piemonte e
Sicilia) e le 160 ore (Campania). Gli adempimenti obbligatori sono cinque. Un
terzo dei comuni, però, ne richiede anche altri: dalla relazione sui locali e
le attrezzature (140 euro) alla verifica dell’adeguatezza dei locali (300
euro), dal certificato di agibilità (mille euro) alla verifica dell’impianto
elettrico. I diritti Scia spesso sono gratuiti ma in sei comuni il loro costo
supera i cento euro.

 

Autoriparazione

L’aspirante
autoriparatore si trova di fronte una sorta di montagna: fino a 86 adempimenti
complessivi da assolvere. Gli enti con i quali può avere a che fare sono 30 e
48 i contatti. Con oltre 18.550 euro di costi da affrontare. Per diventare
responsabile tecnico di un’attività di autoriparatore (meccatronica, gommista,
carrozzeria) occorre un corso propedeutico della durata di 500 ore che costa
2mila euro. I diritti Scia oscillano tra la gratuità e un costo superiore ai
cento euro. Molte amministrazioni, inoltre, fanno ulteriori richieste rispetto
a quelle previste dalla normativa unica. Particolarmente numerosi per
l’aspirante autoriparatore sono gli adempimenti ambientali, dall’impatto
acustico all’assimilazione acque reflue. Con l’aggravante, anche su questo
fronte, dei comuni che procedono in ordine sparso. Pavia, a esempio, chiede
anche planimetria dei locali, destinazione d’uso, elenco con la tipologia dei
rifiuti e contratto di smaltimento rifiuti. 

 

Gelateria

Per
trasformare il suo sogno in realtà l’aspirante gelatiere può trovarsi ad
affrontare fino a 73 adempimenti, con 26 enti coinvolti e 41 contatti. E con
una spesa per le pratiche burocratiche che da sola arriva a superare i 12.500
euro (12.660 per la precisione). Anche in questo caso è previsto come
pre-requisito quello della frequenza di un corso di Somministrazione alimenti e
bevande.  L’iter burocratico vero e
proprio si apre con la presentazione della Scia, di solito accompagnata da una
notifica sanitaria. Agli adempimenti standard in questa fase alcuni comuni ne
aggiungono di facoltativi: dalla planimetria con relativa relazione alla
verifica dell’adeguatezza locali e dell’impianto elettrico.

 

Falegnameria

Per
aprire una falegnameria gli adempimenti possono arrivare a 78, gli enti
coinvolti a 26 e a 39 le volte in cui l’aspirante imprenditore (o chi per lui)
si deve confrontare con la Pubblica amministrazione.  Il combinato disposto di questa girandola di
impegni porta fino a 19.742 euro la spesa per le pratiche burocratiche.  L’adempimento in sé più oneroso è il
certificato controlli antincendi rilasciato dai Vigili del fuoco: mediamente
costa 1.600 euro e abbisogna di 60 giorni per il rilascio. Data la
particolarità dell’attività di falegname non sempre è il Suap l’interlocutore
di riferimento. Talvolta è un apposito sportello comunale al quale si può
inviare tramite Pec e/o in via telematica. Rispetto ad altre attività la
falegnameria presenta un numero molto elevato di obblighi ambientali.  Con costi, tempi ed enti coinvolti
estremamente variabili da un comune all’altro. Rimanendo ai costi si va da 150
a 600 euro per le pratiche relative allo scarico di acque reflue, da 500 a
mille euro per l’impatto acustico, da 150 a 700 euro per l’industria insalubre
e da 500 a 1.100 mila euro per le emissioni in atmosfera.

 

Salute e sicurezza

La
normativa italiana in materia di salute e sicurezza si caratterizza per
l’eccessiva complessità e per l’assenza di modularità tra le varie imprese. Di
conseguenza,  viene imposta a tutti i
datori di lavoro, senza riguardo per la pericolosità dell’attività o per la
dimensione dell’impresa,  l’adozione
degli stessi obblighi documentali e formativi. La complessità si traduce anche
in onerosità. La spesa media per gli adempimenti su salute e sicurezza sul
lavoro  va da 1.854 euro per attività di
gelateria e acconciature, considerate a basso rischio, a 2.119 per i bar, a
4.414 per l’autoriparazione e addirittura a 5.784 euro per la falegnameria.  


Insegne di esercizio

L’autorizzazione
al posizionamento di cartelle, insegne di esercizio e altri mezzi pubblicitari
coinvolge fino a dodici enti. Un numero che da solo la dice lunga sulla
farraginosità della burocrazia italiana e delle sue imposizioni. Per ogni
genere d’insegna, se l’attività è prospicente una strada statale, anche la
Provincia e l’Anas sono chiamate a dare la loro autorizzazione. In ogni caso,
anche per un’insegna di piccole dimensioni posta al di sopra di un’attività in
una zona semicentrale, per redigere la richiesta di autorizzazione con i
relativi documenti è necessaria una consulenza tecnica. Il combinato disposto
porta alcuni comuni (Catania, La Spezia, Siena, Torino) a prendersi oltre 60
giorni per rilasciare il nulla osta. Se l’insegna va collocata in un centro
storico, la situazione si complica. L’autorizzazione, infatti, in questo caso
abbisogna pure di un nulla osta paesaggistico e di un via libera della Polizia
municipale.

 

Ristrutturazioni edilizie

L’avvio
di un’attività presume la realizzazione di lavori edilizi per adattare i locali
scelti alle esigenze dell’aspirante imprenditore. Talvolta, poi, alcuni lavori
sono obbligati: è il caso degli interventi per agevolare l’accesso ai
disabili.  Nel caso di semplici lavori di
ristrutturazione interna è necessario presentare una Comunicazione inizio
lavori asseverata (Cila). Gli adempimenti connessi alla documentazione che va
allegata alla Cila sono molteplici. Va assegnato a un professionista l’incarico
per redazione del progetto, presentazione della Cila, direzione dei lavoratori,
comunicazione di fine lavori, aggiornamento del Catasto. Sempre un
professionista deve redigere il progetto dell’impianto elettrico, se previsto.
Ancora un professionista deve coordinare le attività mirate alla sicurezza. Una
serie di obblighi burocratici che da soli arrivano intorno ai 5.500 euro di
spesa. 

 

Assunzione di un
apprendista

La
legislazione del lavoro prevede tre diverse tipologie di apprendista.
L’Osservatorio ha scelto come esempio il contratto di apprendistato
professionalizzante.  Per il quale  il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire
la formazione professionalizzante, la cui durata e modalità di erogazione sono
stabilite dal Contratto collettivo nazionale di lavoro o da accordi
interconfederali. La formazione va integrata dall’offerta formativa pubblica
finalizzata all’acquisizione di competenze di base (da 40 a 120 ore). Il costo
medio di questi adempimenti è di 400 euro e gli enti di riferimento talvolta
sono diversi. Il datore di lavoro è costretto, pertanto, a comunicare più volte
e a più enti le stesse informazioni in contrasto anche con il divieto di
chiedere alle imprese documenti e informazioni già in possesso della Pubblica
amministrazione.

 

Il Presidente di CNA Parma, Paolo Giuffredi è intervenuto nel merito, e dopo aver sottolineato il buon lavoro svolto dal Centro Studi di CNA Nazionale, al quale anche CNA Parma ha dato il proprio contributo fornendo tutti i dati richiesti; con riferimento ai dati relativi al nostro comune capoluogo ha affermato che “occorre prendere atto che  il medesimo si colloca in una posizione medio alta in una ipotetica classifica, anche se vi sono diverse cose che possono essere migliorate a partire dall’individuazione del SUAP come interlocutore unico (in ER solo con PC, FC, FE e BO sono nelle condizioni di Parma. ndr.), dal costo dei diritti della SCIA che può arrivare fino a 100 Euro, mentre negli altri comuni dell’ER presi in considerazione la medesima è gratuita, cosi come il costo dei diritti per la Certificazione Inizio Lavori Asseverata che a Parma ha un costo superiore a 100 Euro mentre in tutte le altre realtà della Regione prese in considerazione è inferiore a 100 Euro”. Il Presidente prosegue auspicando che “le Amministrazioni evitino di chiedere documentazioni non obbligatorie quali notifiche sanitarie, verifiche impianti, certificati di agibilità e molto altro,  che ingrassano il mercato dei tecnici  e rappresentano un costo in termini economici e di tempo per le imprese e gli imprenditori”.