“Autonomia e regionalismo differenziato: i
dati dell’Osservatorio delle CNA Lombardia, Emilia Romagna e Veneto presentati
con Carlo Cottarelli”, un evento che mette a confronto le tre Regioni italiane
e le Regioni d’eccellenza d’Europa, come i Länder tedeschi e le Comunità
autonome spagnole.

 

I dati finali dell’Osservatorio CNA Economia e
Territorio
dimostrano che le tre Regioni d’eccellenza italiane, tutte Regioni a
statuto ordinario, sono tra le prime in Europa per valore delle esportazioni, ma
tra le ultime per investimenti destinati allo sviluppo economico
. A farne le
spese, tra le voci più importanti, ci sono gli investimenti destinati alle
aziende e quelli destinati alla ricerca scientifica.

 

Dalla ricerca emerge una competizione sempre
più serrata tra le Regioni europee. Il budget del Baden – Württemberg, il
‘minore’ dei Länder da noi presi in considerazione, è pari al doppio del
bilancio della Lombardia (la ‘maggiore’ delle tre Regioni italiane esaminate).
Sia in termini percentuali sia in termini di valori assoluti, il livello di
disponibilità nel budget regionale per le spese di investimento vede un netto
vantaggio per i Länder e per le Comunità autonome rispetto alle 3 Regioni
italiane. Mentre la Lombardia ha il 5% del budget finalizzato agli investimenti
(1, 18 miliardi di euro), la Baviera può mettere in campo per investimenti e
sviluppo il 10,6% (più di 6 miliardi di euro) del proprio bilancio. In sintesi,
la Lombardia può spendere per gli investimenti 119 euro per abitante, i Paesi Baschi
529 euro, la Baviera 466 euro. L’autonomia non è un fine a sé ma uno strumento
per disporre di maggiori risorse per lo sviluppo e per la crescita, nel quadro
di una salda unità nazionale. Solo così è possibile restare
agganciati alle dinamiche della competizione globale e supportare l’intera
Penisola nel suo percorso di rilancio.

 

Lombardia, Emilia
Romagna e Veneto sono le Regioni italiane più competitive d’Europa a livello
economico, produttivo e commerciale.
La Lombardia è al 4° posto in Europa per
valore delle esportazioni (circa 121 miliardi di euro nel 2017), dietro solo ai
grandi Länder tedeschi del Baden-Württemberg, della Baviera e del NordReno-Vestfalia;
l’Emilia Romagna occupa la 6° posizione in Europa per export per abitante
(circa 13.500 euro), la prima tra le Regioni “non tedesche”; il Veneto figura
invece all’8° posto tra le principali Regioni UE per quota delle esportazioni
sul PIL (oltre il 38%), livello leggermente inferiore solo a quello del
Baden-Württemberg.

 

Tuttavia,
Baden-Württemberg, Baviera e NordReno-Vestfalia e gli altri Länder tedeschi
beneficiano non solo di un quadro nazionale maggiormente competitivo rispetto
al nostro, ma anche di maggiori competenze e risorse a livello regionale.
L’Osservatorio CNA ha effettuato una comparazione dei bilanci delle nostre tre
Regioni con quelli dei tre Länder tedeschi e con i budget delle Comunità
autonome spagnole di Catalogna, Paesi Baschi e Comunità Valenciana. In Germania
e in Spagna, infatti, vige un sistema istituzionale consolidato che attribuisce
significative competenze e risorse alle Regioni, non dissimile da quello che in
Italia regola le Regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta,
Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige/Südtirol).

 

Questo divario si
manifesta in tutta la sua evidenza considerando la spesa media per abitante,
che nelle nostre tre Regioni si attesta tra i 2.300-2.400 euro, a fronte dei
4.700 euro dei Paesi Baschi e 4.400 euro del Baden-Württemberg e del
Nordreno-Vestfalia. Il gap risulta ancora più accentuato con riferimento alle
spese in conto capitale, che oscillano tra gli 88 euro dell’Emilia Romagna ai
132 per abitante in Veneto, ben poco rispetto ai 529 euro dei Paesi Baschi e
dei 466 euro della Baviera.

 

La dimensione dei
bilanci regionali di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto in rapporto al PIL si
colloca su livelli significativamente inferiori rispetto alla spesa media del
complesso delle Regioni; nel 2017 il rapporto spesa/PIL del Veneto è -31%
rispetto alla media nazionale, in Emilia Romagna -35% e in Lombardia -39%. Non
è così nelle altre realtà territoriali di Germania e Spagna, Paesi in cui i
divari di spesa tra Regioni sono significativamente più contenuti.

Dal rapporto
emerge infatti che Lombardia, Emilia Romagna e
Veneto si caratterizzano per un basso livello di spesa pubblica in rapporto al
PIL, dove le tre Regioni occupano le ultime tre posizioni della graduatoria. A
fronte di una media del 39,1% sul PIL, nel 2016 la spesa finale[1]
dell’operatore pubblico in Lombardia ammonta al 29,9% del PIL, mentre in Veneto
e in Emilia Romagna risulta essere pari rispettivamente al 31,9% e al 32,5% del
PIL, con le prime tre posizioni occupate da Calabria (59,3 %), Molise (57,2 %)
e Sardegna (56,2%).

 

Le Regioni ordinarie
hanno contribuito in maniera rilevante al risanamento dei conti pubblici
nazionali mediante tagli ai trasferimenti e un inasprimento dei vincoli di
bilancio: a fronte di una decurtazione dei trasferimenti statali di quasi 7 miliardi
di euro, alle tre Regioni d’eccellenza è stato chiesto un contributo di 2,3
miliardi di euro, vale a dire 1/3 dei tagli totali. Rispetto al 2010, l’Emilia
Romagna ha perso il 54% dei trasferimenti statali non destinati alla sanità, mentre
Lombardia e Veneto il 48%. A pagarne il prezzo più alto sono stati soprattutto gli
investimenti e le spese per lo sviluppo economico, e in particolare la ricerca
scientifica: nei bilanci consuntivi per l’anno 2017 di Emilia Romagna,
Lombardia e Veneto mancano quasi 1,7 miliardi di spese per investimento rispetto
al 2008. Nel 2016 il calo degli investimenti si è attestato per il complesso
delle tre Regioni al -43% (-39% in Lombardia, -44% in Veneto e -50% in Emilia Romagna).
Si registra inoltre l’inesorabile caduta della quota della spesa in conto
capitale sulle uscite effettive: tra il 2008 e il 2017 la quota di risorse
regionali destinate agli investimenti è passata dal 7,3% al 3,6% in Emilia
Romagna, dal 7,6% al 4,9% in Lombardia e dal 10,5% al 5,7% in Veneto.

 

Di questa quota, la
percentuale impegnata per funzioni non sanitarie, tra cui lo sviluppo economico,
sono scese dal 20,6% al 15,3% in Emilia Romagna, dal 34% al 14,9% in Lombardia
e dal 30,6% al 17,1% in Veneto. Rispetto al 2008, nel 2015 erano stati fatti
tagli alle spese per lo sviluppo economico di 59 milioni in Emilia Romagna, di
158 milioni in Lombardia e di 168 milioni in Veneto, con gravissime
ripercussioni sui fondi destinati alla ricerca scientifica.

 

I dati dimostrano
come l’applicazione del regionalismo differenziato comporterebbe un incremento
dei bilanci delle tre Regioni di 9,9 miliardi di euro tra spesa diretta e fondi
agli enti locali: 6,442 miliardi per la Lombardia, 3,346 per il Veneto e 0,136
miliardi per l’Emilia-Romagna. Nel 2017 le spese finali del complesso delle tre
Regioni ammontavano a 46,1 miliardi nel 2017: a seguito dell’attuazione dell’autonomia,
la crescita sarebbe del 22% e gli effetti sarebbero apprezzabili soprattutto in
Lombardia (+27%) e Veneto (+29%), in Emilia-Romagna, invece, non si avrebbe un
significativo aumento del bilancio poiché gran parte delle richieste sono
collegate alla regionalizzazione dei trasferimenti statali.

 

È bene precisare che il regionalismo
differenziato presuppone una forte assunzione di responsabilità da parte delle
Amministrazioni regionali finalizzata a dare migliori servizi a cittadini e
imprese, in virtù sia del fatto che si le Regioni sono enti prossimi ai
cittadini, sia perché la gestione decentrata della spesa pubblica stimolerebbe
un effetto “volano” per tutto il contesto economico territoriale.

Inoltre, i risparmi di spesa derivanti da una
migliore gestione delle risorse pubbliche rispetto allo Stato non sono
stimabili, anche se qualche indicazione sui benefici per l’economia locale può
essere desunta da uno studio della Fondazione per la Sussidiarietà[2]: tale ricerca, effettuata
su 30 Paesi europei, ha dimostrato come un aumento del 10% del grado del
decentramento della spesa pubblica stimoli una crescita del PIL procapite dello
0,64%.

 

Le tre CNA hanno
più volte ricordato come le tre Regioni appresentino la parte economicamente
più avanzata del Paese, contribuendo a generare circa il 40% del PIL italiano e
rappresentando il 54% del totale delle esportazioni.
La riduzione delle risorse
finanziarie degli ultimi anni hanno però irrigidito i bilanci regionali,
limitando l’apporto allo sviluppo economico. Ciò ha contribuito ad ampliare il
divario verso le aree economicamente più solide del continente come, ad esempio,
i grandi Länder tedeschi.

 

Per le CNA l’autonomia può costituire una leva inedita per stimolare
la crescita economica e aumentare il livello di competitività delle imprese. In
quest’ottica, l’autonomia diventa uno strumento al servizio delle Regioni per
intervenire in maniera mirata e più incisiva sul gap infrastrutturale che
penalizza le imprese, per incrementare l’attuale esigua dotazione di risorse
per investimenti e sviluppo economico, per sostenere l’economia produttiva nei
necessari percorsi di innovazione. Nella fase di definizione del processo di attribuzione di risorse
e competenze, le Regioni dovrebbero dare priorità all’attuazione degli aspetti
legati allo sviluppo economico e alla crescita. Solo in questo modo le Regioni saranno in grado di intervenire in
misura più incisiva e strategica sul futuro delle rispettive comunità di persone
e di imprese.

 

“CNA Emilia Romagna – afferma il Presidente regionale Dario Costantini – ha aderito, sin
dall’inizio del suo percorso costitutivo, al “Patto per il Lavoro”
della Regione Emilia-Romagna, ovvero il confronto continuo che si svolge tra l’istituzione
regionale, gli enti pubblici, le associazioni di categoria, i rappresentanti
dei lavoratori e l’Università. Nell’ambito del Patto per il lavoro, nell’agosto
del 2017 per la prima volta siamo stati convocati dal Presidente Bonaccini e
abbiamo affrontato il tema dell’autonomia condivisa così come è stata
affrontata all’interno dei nostri organi dirigenti decidendo di dare il nostro
assenso perché questo percorso proseguisse. Con il nostro nuovo gruppo
dirigente, CNA Emilia Romagna ha ideato e rilanciato, insieme al Patto per il
lavoro, il “Patto per la competitività”, uno strumento grazie al
quale organizziamo le priorità e le attività conseguenti insieme ai nostri
territori. E insieme abbiamo deciso di sostenere il percorso dell’autonomia.”